Berchet Giovanni (via) - Cabaret Milano Duemila

(n. 206) - da via Foscolo a via San Raffaele


Era giustamente detto il Tirteo per le sue poesie politiche, vigorose e patriottiche. Nacque a Milano (23/12/1783) e studiò con molto amore le principali lingue d'Europa per compiacere al padre che lo voleva avviare alla carriera commerciale; il francese, l'inglese e il tedesco gli divennero ben presto tanto familiari che tradusse Fénélon, Goldsmith, Schiller, Burger. Verso il 1816, adottati con altri giovani animosi i nuovi principi liberali che si nascondevano sotto le insegne del romanticismo, operando così il grande rivolgimento letterario della nazione, pubblicò i suoi concetti in una "Lettera semiseria" diretta al "Conciliatore", giornale fondato dai valorosi poeti e prosatori che avevano abbracciato le nuove dottrine: Manzoni, Torti, Grossi, Porta, Pellico. Dopo l'infelice tentativo politico del 1821, con l'animo amareggiato e deluso, Berchet fu costretto a porsi sulla via dell'esilio, recandosi prima a Parigi, poi a Londra, dove si incontrò col marchese Giuseppe Arconati, esule anch'esso, e la sua amicizia affettuosa gli fu sempre larga di consiglio e di aiuti. Fu in quell'epoca, nel 1829, che ultimò le sue "Fantasie", liriche ispirate a concetti sublimi di amor patrio, canti in cui piangeva le sventure d'Italia, suscitava fremendo lo sdegno e l'odio contro l'oppressione straniera e faceva vibrare nuovi e forti sentimenti di libertà. Pubblicò anche un ultimo "Inno di guerra" per i moti del 1831, poi alcune traduzioni di "Romanze spagnole". Tornato in Italia nel 1848 si recò a Firenze, stringendovi amicizia con Giuseppe Giusti; ma venuto a conoscenza della eroica e valorosa rivoluzione lombarda, mosse subito verso Milano, dove venne accolto festosamente e onorato con incarichi importanti nel Governo Provvisorio. Costretto a nuovo esilio per il ritorno degli Austriaci, si stabilì a Torino, dove gli venne offerto l'incarico di deputato. Ma, ritiratosi ben presto a vita privata triste e sconfortato per le sorti della patria e per le speranze svanite di un pronto risorgimento, il 23/12/1851 morì. Tale fu la vita di questo insigne milanese, ricordato in una delle vie più centrali della città di cui si può dire con il Prati che: nacque con l'anima di un libero, cantò l'ispirazione di un bardo, morì colla serenità di un sapiente.

 

 

 

 

 

 anno 2019

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