Or - Cabaret Milano Duemila

«T'È CAPII QUANT HINN I OR», hai capito l'antifona?


Però in milanese il detto comporta anche un'esortazione a muovere ai ripari, fin che si è in tempo. Sempre a proposito di ore ricorderemo che il primo orologio che battesse le ore a Milano fu quello fatto collocare da Azzone Visconti nel 1335 sul campanile di San Gottardo, costruito due anni prima dal MAISTER PEGORANIS DE CREMONA. I milanesi, rapiti in estasi da quella novità, si raccoglievano sotto al campanile in gran silenzio in attesa di ascoltare i tocchi delle ore; ed è per questo che la contrada i chiama ancora oggi via delle ore.

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«SE TROEVOM SÒTTA L'ORINARI» tradotto lettereralmente “ci incontriamo sotto il pitale – il vaso da notte”.

Da tale espressione emerge il carattere anche burlone del milanese DOC; infatti, giocando sull’equivoco, oppure se preferite sul doppio senso, o meglio ancora sul diverso modo di recitarla e scriverla, i milanesi intendevano dire: “se troeuvom sòtta l’ora in ari” che tradotto letteralmente significa “ ci incontriamo sotto l’ora che c’è in alto”. Ma qual’era il senso vero di tale frase? Con questa espressione i milanesi intendevano darsi appuntamento nella piazzetta che si trova dietro il Duomo. È noto a tutti che era consuetudine per i milanesi ritrovarsi sul sagrato del Duomo per discutere di politica di sport ed altro e che le notizie di prima mano le si apprendevano lì, quasi una sorta di “Agenzia ANSA”. Quando però si doveva parlare di affari si andava alla ricerca di un luogo più tranquillo, e quale meglio del retro del Duomo? Dovete sapere che subito dietro il Duomo esisteva il Campo Santo e che fra l’abside ed il Campo Santo vi erano blocchi di marmo, attrezzature per la lavorazione dei marmi, piccole baracche dove i dipendenti della Veneranda Fabbrica del Duomo operavano. Verso la metà dell’800 si decise di mettere ordine e di dare alla Veneranda Fabbrica una sede dove poter sistemare uffici, laboratori e magazzini. L’incarico per la costruzione del palazzo fu dato agli architetti Pietro Pestagalli e Giuseppe Vandoni (1841-1853); la maestosa facciata tardo-Neoclassica presenta gigantesche colonne corinzie che donano solennità all'edificio. Il fastigio è composto da un orologio affiancato da due statue: una raffigura una donna dormiente e rappresenta la “notte”, l’altra un uomo che porta la mano agli occhi a mo’ di visiera per ripararsi dal sole e rappresenta il “giorno”. Esso venne aggiunto nel 1865. Nel Palazzo è inglobata la chiesa di Santa Maria Assunta in Camposanto risalente al 1696. Per concludere, il dire “se troeuvom sòtta l’ora in ari” significava proprio l’incontrarsi sotto l’orologio del Palazzo della Veneranda Fabbrica.

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